Nicola Zambetti commentato da Maria Rizzi.
Nella stessa forma e nelle sfumature delle cose e dei sentimenti Nicola Zambetti, poeta e scrittore barese, in quest’ultima rapita, sulla scorta della memoria, coglie la labilità dell’esistente in gamme di variazioni suggestive, sempre tese ad umanizzare angoli di pause, riscatti di luce, aurorali riprese di vita, stadi di appena accennato pessimismo. In una breve nota introduttiva non è possibile analizzare i numerosi aspetti dei paesaggi lirici di questo mondo poetico in verità assai denso di sensibilità con la quale la stessa ispirazione dell’autore si misura, pagina dopo pagina, con la realtà e il sogno, nell’angoscia tra essere e nulla, offrendo i suoi versi “alle onde del mare”, i suoi sospiri a chi “gli tende una mano” e deponendo i suoi tramonti “sul volto di una donna” (”Il testamento di un poeta”) nella piena convinzione che “nel silenzio della notte/ c’è sempre/ una voce amica” per cui ci si accorge allora “di non essere più solo”. A dispetto del filosofo, il poeta, l’uomo-poeta non accetta la condanna della morte. Con la poesia si riscatta. Con la poesia vuole sopravvivere. Nicola Zambetti, nella prigione del corpo, nella prigione del cosmo, patisce il sentimento della finitezza, ma non per questo gli manca il conforto, “l’ultima goccia di speranza” da trasportare “sulle ali della tranquillità verso il regno della pace” (”Fino all’ultimo”). Anche per questo l’ansia e l’intensità lirica della sua poesia riflettono i sentimenti di un uomo che si agita controluce tra ombre, silenzi, esperienze, ricordi e “tante piccole cose” ai confini a cui porta spesso la dialettica fredda dei filosofi e l’impossibilità per l’uomo di svelare la verità universale e la coscienza del poeta della vastità del canto. Quel che preme nella mente, nel cuore, nella fantasia del poeta barese è sempre e soltanto il bisogno di rappresentare la realtà delle cose, degli eventi, degli stessi ricordi col linguaggio delle immagini per significare il senso del nostro esistere nel mondo enel sistema dell’immenso cosmo perché, in fondo, le strade della poesia possono essere infinite, imprevedibili e tutte possibili. Avviene così che in questi “Frammenti d’anima” assai spesso i versi trovino aperture improvvise e sconfinale di immagini e di metafore nella stessa visione pessimista e disperata nella quale domina il “buio” anche se, a fine lettura delle 31 liriche raccolte in questo volume, il messaggio poetico dell’autore, riesce ad accendere nella coscienza una fiamma di veggenza, di speranza oltre che di verità. Analoga cosa avviene nella narrativa del Nostro (l’autore ha in corso di stampa il primo libro di racconti “Paesaggi umani”) nella quale l’artefice -e mi riferisco al termine sottolineato da Borges nelle sue “Lezioni americane”- nella creazione letteraria, ontologicamente unicum tra poesia e narrativa, conserva la medesima freschezza linguistica, spontaneità, accenti pessimisti ma anche speranza, angoscia, dolore, amore, morte. Una poesia tersa, questa di Zambetti, anche se a volte l’autore indulge ai timbri e agli accenti di durata orchestrale e aperture di compiacenza ornamentale che nulla tolgono alla profonda vibrazione dei suoi stessi sentimenti espressi senza artifici. Maria Rizzi |